ALBORI DEL CINEMA STORICO MADE IN ITALY

      E IL PIANO SOLO DI DANILO REA

 

     L'estate in costume- Villa borghese

 

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   Danilo Rea al pianoforte

   Danilo Rea in piano solo commenta tre rari cortometraggi italiani Tre rari cortometraggi italiani, in costume, muti, inizio novecento, sottratti all’oblio, restaurati  e capaci di restituire il sapore di un genere e  di un’epoca. Alle spalle del Kolossal.  Quando la  “fotografia animata”, da  bobina  unica, fino a 200- 250 metri al massimo, comincia ad allungarsi. Tra nuove tecnologie e pionieri cinematografisti che, abbandonati i fondali, ricostruiscono in studio, esplorano paesaggi, guardano alla pittura rinascimentale, Raffaello e la prospettiva, e segnano il linguaggio, con il conforto del grande consenso che il pubblico conferma, ai già  noti  drammi teatrali, classici scolastici e romanzi ottocenteschi.

 La caduta di Troia (1911), codiretto da  Giovanni Pastrone e Romano Luigi Borgnetto (’19); supera i 600 metri. Primo successo internazionale. Un esordiente Pastrone ( Kabiria è del ‘19 ), fa realizzare spettacolari  scenografie, un enorme cavallo di legno,  le masse entrano nella scena che si sviluppa lungo la profondità di campo,  si vedono primi movimenti di carrello. Gli ultimi giorni di Pompei (1908) di Luigi Maggi (10’);  film a tableaux, dal romanzo omonimo (1835) di Edward George Bulwer-Lytton. Galileo Galilei (1909), di Arturo Ambrosio e Luigi Maggi (10’); sommaria  biografia dello scienziato.   

 Tre piccoli film: gli albori  del genere storico, che ci riportano  a contenuti dell’oggi. Ecco apparire il ” crollo finale”( caduta delle mura di Troia, eruzione del Vesuvio).  Evento graditissimo al pubblico di un secolo fa, affatto scontato allora, che la dice lunga sulle origini di tanta spettacolare fiction dove regna il remoto e rassicurante piacere per la distruzione. E un’ Iliade  in versione light, priva di eroi! Noi invece quotidianamente sballottati tra superman, superwoman, nonché i  superannacquati  eroi omerici di “Troy”. Con Pastrone l’epica trama, in tempi da cortometraggio, e nell’anno dell’impresa libica, si riduce a un manipolo di re che portano gli eserciti entusiasti contro l’oltraggioso straniero Paride e un’Elena fedifraga.

 Tra  subdoli inganni, amori senza speranza, filtri magici, vendette di amanti rifiutati, in tutte e tre le storie, seppur con diversi intenti, un cinema che vorrebbe istruire e amalgamare, finisce col trasmettere contenuti ideologici tramite un apparato melodrammatico che è puro pretesto–contenitore. Il piano-solo di Danilo Rea  ha impreziosito scene e sequenze, punteggiandone ogni tappa. Neanche un sospiro è andato perduto. In un viaggio che  creativamente ha riproposto l’atmosfera dell’epoca, che ha dato unità e personalità allo spettacolo. Quando lo schermo è tornato una pagina vuota, ci ha proposto un jazz più schietto, alcuni standard classici, un ritorno al presente.

 

 

  Silvana Matozza, Guido Bonacci

 

  Photo e articolo pubblicati in Vespertilla. Periodico di cultura e spettacolo. Anno III, n° 5. Settembre/Ottobre 2006

 

 

                                                                      

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