Impressioni Jazz " Street life " (2007) di Dayong Zhao Recensione
“SCARTI” A NANJING ROAD
STREET LIFE / VITA DI STRADA
Shangai. La vita nell’ombra a ridosso della luminosa e commerciale Nanjing Road. Tra sradicati, provenienti da ogni angolo della Cina, chiamati per soprannome, perché lì tanto basta per distinguersi, per paese d’origine , o caratteristiche fisiche. I Pelle nera, i Ciccione e tutti gli altri ai quali Dayong Zhao darà luce. In un incontro per gradi, trasportando lo spettatore tra di loro, sulla strada, su quei marciapiedi che diventeranno nuova prospettiva da cui osservare il resto del mondo. Dayong capovolge il punto di vista. Non lo sguardo del normale sul diverso, com’è l’abitudine, ma l’esatto contrario. Gli irregolari, gli homeless con le loro giornate su quei marciapiedi, in cui tutti si conoscono, le relazioni sociali, piccoli traffici, liti, delusioni, rimpianti. Mondo a sé, in cui gli Altri, come invisibili, sono i regolari, quelli che corrono e sgomitano, tenendo il passo con i nuovi tempi del libero mercato. Loro non ce l’hanno fatta, chi spera di tornare a galla, chi ci ha rinunciato, ciascuno con la propria storia, e in comune l’attrazione per la città, i bagliori del nuovo carico di promesse e la disillusione verso una realtà che svela troppo tardi la sua faccia pubblicitaria. La strada diventa allora risorsa, spazio di libertà in cui sopravvivere, da autoeletti addetti al riciclo; bottiglie finché fa caldo e la gente beve, o imballaggi di cartone. Scarti in un mondo abituato a scartare. Luce e ombra sono la chiave di questo bel film; luci e colori che abbagliano, sparati nella notte, estraniante indistinto per solitarie moltitudini. In una strada che non è mai maestra di vita, che in forma ridotta ripropone modelli e valori competitivi, e che nulla può offrire se non la fuga estrema a chi coltiva rimpianti e aspirazioni di un mondo solidale. Un film duro, un continuo pugno nello stomaco, quasi insostenibile; più si va avanti e più si adotta il punto di vista della strada; vite il cui destino è negli occhi acuti e persi, del vecchio che cerca di condursi per le vie della città. Figura indimenticabile e sguardo che è prova di forza del regista con sé stesso, stretto sul dettaglio dell’inquadratura finché sa resistere, per poi scappare, in un’ultra zoommata a distanza di sicurezza. Un regista che cuce spezzoni di girato, spesso facendo ciò che di solito si cerca di evitare, il nero che accosta immagine a immagine, e che pure funziona, anzi diventa respiro, tregua, per riprendere subito dopo senza sosta. Il film ,toccante e ispirato, è volutamente corale, senza protagonisti. E, ad eccezione del suono di Li Qing, Dayong Zhao lo realizza in completa autonomia e economia. Con coraggio e sensibilità mostra realtà che nessun paese ama gli vengano sbattute in faccia, sul processo del boom d’industrializzazione cinese, nello specifico, ma fin troppo simili alla maggior parte delle metropoli moderne. Opera che l’attenta giuria del festival di Asiatica film mediale – Incontri con il cinema asiatico, ha premiato come miglior documentario. Mentre appare significativo, di una esigenza e di un’emergenza, che a distanza di poche settimane arrivi nelle sale romane la pellicola, di Francesco Maselli, che con Civico 0 torna al documentario e punta l’obiettivo sulle strade della città e i nostrani migranti.
Silvana Matozza
Articolo pubblicato sulla rivista cultura e spettacolo Vespertilla, anno V n. 2 Marzo / Aprile 2008