PASSIONE LUCANIALucania 61 (partic.), di Carlo levi. Il quadro sulla vita dell’amico poeta e sindaco di Tricarico, Rocco Scotellaroche partecipa a Italia ’61, a Torino

Il CORTOMETRAGGIO ETNOGRAFICO ED ANTROPOLOGICO IERI ED OGGI, AUTORI E METODOLOGIE A CONFRONTO / Casa della Memoria e della Storia

 

Alla casa della memoria e della storia, la Lucania fa ancora appassionare. Oltre l’ufficialità del contesto: La Lucania ieri- omaggio della Cineteca Lucana  a Carlo Levi nella penultima delle due serate dedicate a questa regione, dalla ricca rassegna curata da Gennaro Ermanno Arbia per Bosiocinema 4°ed., nell’ambito della Festa del cinema di Roma. Con l’ intervento di un pubblico (soprattutto di lucani)  che  su quella terra sente di avere qualcosa da dire, per come l’ha vista rappresentata  ma anche e soprattutto in relazione  alle proprie esperienze di vita. Forza attrattiva di una terra, e di un popolo ancora molto sconosciuti? Anche nel presente? Con una  seconda o terza generazione che, simile a quelle delle immigrazioni recenti in Europa, oltre a riflettere su sé stessa va avanti  con nuove e insospettate sinergie?

Sono passati più di 60 anni da quando Levi, col suo Cristo si è fermato ad Eboli, accese i riflettori su quella regione immobile  in cui il fascino di una vita dagli echi pagani e pre-pagani  si coniugava con miseria, fatica, dolore e sfruttamento.  Da quando ignorata dal mondo civile (… noi non siamo cristiani, Cristo si è fermato a Eboli ), di colpo si scoprì  meta privilegiata di studi e ricerche sul campo ( da Friedman a De Martino,ecc);  sorta di libreria a cielo aperto dell’impegno socio-politico che si mobilitava per conoscere e far conoscere il modo di vita contadino e la relativa cultura;  nonché lembo di terra sperduto, fuori dal tempo, che custodiva l’accesso ad un altro tempo, quello arcaico; a un mondo magico, tra riti e superstizioni, in cui l’esistenza conviveva con il mistero,  legame col sacro capace di permeare la vita in tutte le sue forme ( come in Vigilia di Mezz’estate, di Gian Vittorio Baldi, ’59. Documentario sulla Festa di S. Giovanni, in cui elementi cristiani si sovrappongono ai preesistenti pagani.).

Un mondo arcaico, transnazionale, sottomesso ma mai realmente soggiogato, che Pasolini vedrà in estinzione, e che invece nel pensiero di Levi è considerato in trasformazione necessaria per integrarsi, pur mantenendo le sue peculiarità. I duraturi contatti con quella gente povera di mezzi ma non di cuore e di combattività, (che egli  rappresentò anche politicamente come indipendente del PCI, e sostenne con la FILEF),  porteranno  poi Levi a elevare quell’aspra e dolce terra a luogo della sua ultima dimora. Ad Aliano,  prima sede dell’anno di confino, nel’35,  che segnerà la sua vita futura di uomo e di artista.  Luogo al quale con La Lucania di Levi, ’91, Carlo Prola e Fabrizio Palombelli, ritorneranno, documentandone i cambiamenti. Gli altri documentari, anni ’50 e ’60,  prodotto di un’Italia uscita dalla guerra e dal fascismo, da ricostruire, tra industrializzazione, urbanizzazione e crescente  peso politico delle organizzazioni del lavori, riflettono più direttamente quella carica di aspettative di giustizia sociale dei nuovi tempi, in cui l’istruzione diventava  un fondamentale presupposto di affrancamento e unità del paese. Lo si avverte sin dall’apertura di rassegna, col Cristo non si è fermato ad Eboli, ’52, di Baldi; l’interessante seppur propagandistico documentario sulla costituzione di un centro per l’istruzione obbligatoria a Salvia di Lucania nel quale, grazie  a una regia non convenzionale,   i semplici gesti, i volti docili e spaesati degli anziani contadini e contadine -alunni spiegano il senso dei tempi ben oltre le parole. La Lucania di Carlo Levi: del’62, di Massimo Mida, descrive Lucania ’61, il quadro sulla vita dell’amico poeta e sindaco di Tricarico, Rocco Scotellaro, che Levi  porterà all’esposizione di Italia ’61, a Torino;  preziosa occasione per sentire illustrare il dipinto dal pittore stesso,  nonché da Calvino e Guttuso.   

Con La lucania dentro di noi,’67, invece,  Libero Bizzarri, muovendo dalla superficie dei quadri del pittore torinese trasporterà  lo spettatore in un suggestivo viaggio, li lascerà scoprire in relazione a luoghi e persone che ne sono stati elemento di ispirazione. In Ch4 in Lucania, ’64, sull’industrializzazione legata al petrolio nella valle del Basento,  i limiti dell’opera su commissione si avvertono, ma anche la forza evocativa di inquadrature, i contrastati bianco e nero, nell’aratura dei campi, tra  terra arsa, biancore dei buoi e un senso di fatica che appare secolare… Immagini riproposte  in omaggio al grande regista Giuseppe Ferrara, da Gianfranco Pannone  nel suo  Pietre, miracoli e petrolio (2004), girato negli stessi luoghi. Il petrolio in Lucania, e i problemi dell’oggi legati al suo sfruttamento, in un documentario che vede configgere interessi diversi, la vocazione turistica e quella industriale. Realtà assai poco nota, che il regista, insieme allo sceneggiatore, Giovanni Fasanella, spiegheranno  in sala, nella  seconda serata, dopo la proiezione. Cecilia Mangini e Lino Del Frà . Registi Infine, Comizi d’amore ‘80. Di Lino del Frà e Cecilia Mangini  che aggiorna il percorso pasoliniano, del ’64 (con Comizi d’amore ), al sentire attuale nel paese. Inchiesta davanti ai cancelli dell’Italsider di Taranto( nella limitrofa Puglia), in cui gli operai, tra consapevolezze,  senso critico, e autocritico diranno la loro su amore, sesso, parità tra i sessi, rapporti di  coppia, diversità, perbenismo; mentre lo sguardo della coppia di registi e sceneggiatori, coniugando distanza e partecipazione emotiva, con rispetto, alla pari,  realizza uno spaccato di schietta realtà.

Una pluralità di sguardi sulla Lucania apprezzata dal pubblico che nel dibattito in sala, vero e appassionato, ne ha  anche messo in evidenza dei limiti: Tendenza a guardare a quella terra come  paese alieno, con scarsa partecipazione e compassione, o a leggerla esclusivamente con gli occhi e la sensibilità di Levi, anche se negli ultimi decenni è stata luogo di  progressi culturali e materiali.

In  chiusura, come in apertura,  sarà la musica live, avvolgente e coinvolgente, ritmata e ripetitiva, da ballare o  religiosa. Vera ricerca etnomusicale all’insegna del recupero di antiche radici, dalla tradizione orale,  riproposta  dai Totarella, da Alfonso Toscano, da Alessandro Mattiotti, anche con strumenti da loro stessi costruiti artigianalmente secondo le tecniche tradizionali.

 

Silvana Matozza, Guido Bonacci

 

Articolo pubblicato sulla rivista cultura e spettacolo Vespertilla, anno V n. 3  Maggio / Giugno 2008

 

 Alfonso Toscano e Alessandro Mazziotti "Totarella": Paolo Napoli e Giuseppe Salamone " Totarella": Domenico Miraglia e Giuseppe Salamone "Totarella".   

 Photo: S. Matozza, G. Bonacci  

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