Impressioni Jazz " Melinda e Melinda " (2004) di Woody Allen Recensione
MELINDA E MELINDA
Quattro amici sono a cena, dopo, andranno ad un funerale e, nel frattempo, giocano al gioco della vita. Come davanti al caminetto, al calduccio, mentre fuori piove. Ma non è Bergman. E' il newyorchese Woody Allen. E sarà un molto soft e molto francese caffè di Manhattan, la rassicurante location - microcosmo in cui il tempo della vita scorre e la fantasia sulla vita prende forma. Col conforto dei Fratelli Marx. Com'è dunque, la vita? Sicuramente una tragedia, per il drammaturgo. L'esatto opposto, vista dal commediografo. E basta che un terzo commensale accenni ad un fatto realmente accaduto perché nasca Melinda. Una scombussolata ragazza che come un virus irrompe nella vita di una coppia all'apparenza felice, portandola alla frantumazione. Il passionale personaggio femminile che dopo aver abbandonato le sicurezze matrimoniali per inseguire il proprio sogno romantico, stenta a rimettere in piedi i cocci della propria vita, sul quale i due scrittori accenderanno la disputa. La posta in gioco? La sua stessa sorte. O meglio, le sue sorti. Giacché rimpallata tra drammaturgo e commediografo, non potrà che farsi due. La ragazza bene di Park Avenue che ritorna alle origini e la provinciale che approda in solitudine nella grande mela. La Melinda drammatica, tanto Madam Bovary, che rimane ancorata alle pesantezze del passato e incespica nel presente. E la Melinda brillante, per certi versi più moderna che, mentre si rimbocca le maniche per cercare un lavoro, tenta con passo leggero di tornare a vivere ( Doppio ruolo magnificamente interpretato dalla versatile Radha Mitchell). Naturalmente, ad una duplice versione, non potrà che corrispondere una duplice storia. Ciascuna con la propria musica. Come ci anticipano Stravinsky e Duke Ellington sin dai titoli di testa. Dalle classiche partiture all'improvvisazione jazz. Insomma, una sorta di mondo doppio, in cui i nostri due sfidanti, colpo su colpo, capovolgono il tono della situazione e parallelamente spingono in avanti le due protagoniste. Nel comune anelito ad un amore che riporti calore nella loro vita. E, con quel poco di variazioni, casuali e non, che fanno la differenza. Ad entrambe toccherà l'incontro con un papabile marito. Il top di stabilità di status e affettiva che le amiche coniugate si adopereranno a procurare per la vita futura di Melinda, mentre le stesse, già, s'apprestano a scompaginare la propria. Invariabilmente, invece, ciascuna Melinda per proprio conto e senza sforzo, saprà riconoscere da subito da chi farsi rimorchiare… E che sia il caso o la fatalità, la sfortuna o la fortuna, tra percorsi obbligati e sconfinamenti, sorrisi amari e momenti di puro divertimento, e qualche battuta felice, le storie parallele andranno avanti. Tra dramma e commedia, com'è nelle corde di questo film, che non contempla vittime sacrificali. In cui il clou dell'ironia, seppur feroce, è decisamente a favore della versione drammatica. Ma ci si può sempre risollevare con quella comica. Dove i grandi drammi si stemperano e l'imprevedibilità della vita ha la meglio. Mentre nel continuo rimbalzo dei registri narrativi, il gioco non potrà che passare allo spettatore.
Un film che Woody Allen ha scritto e diretto. In cui, ancora una volta non è presente. Ma che mostra sul versante comico, nel personaggio di Hobie ( simpatico, goffo e problematico marito, nonché sfigato attore), il suo alter ego più evidente. Un bravo Will Ferrell che se per certi versi ci fa rimpiangere l'Allen attore, funziona egregiamente nell'economia della storia. Girata negli ambienti di sempre, Manhattan e zone limitrofe, tra l'instancabile fauna cinematografara, altoborghese e liberal, che va a ruffianeria e perbenismo, nevrosi e cinismo, nonché qualche lodevole aspirazione. Da un Allen che predilige muoversi tra le tonalità solide, sature di marrone e vibranti di luce artificiale, lontano dalla brillantezza dei raggi estivi, mentre esplora le diverse coloriture della variabilità autunnale. (fotografia di Vilmos Zsigmond ). Tra tempi nervosi e dilatati, quando non tirati fino al limite.
Un film che saremmo portati a dire forse piccolo, quasi stanco. Eppure ogni volta che crediamo di averlo afferrato, sfugge sempre. Tanti i livelli di lettura, di un Allen che confrontandosi col cinema, incluso il proprio, la letteratura e la filosofia, continua a mettersi in gioco e ci invita ad inventarci la vita. Forse l'ultimo film newyorchese di Woody Allen. Come lo stesso regista ha dichiarato, abbandonando New York per stabilirsi a Londra, in cerca di migliori condizioni di libertà creativa.
Silvana Matozza
Articolo pubblicato sulla rivista cultura e spettacolo Vespertilla
20.03.05